Pubblicazioni - Torri Denis
TUTTO LAVORO E FAMIGLIA
Come affrontare con successo la conduzione di un’impresa familiare
Edizione Tecniche Nuove 2012
Questo testo si rivolge ai molti
professionisti, avvocati, commercialisti e consulenti d’impresa che
hanno la responsabilità di dover gestire i problemi interpersonali nelle
aziende a livello familiare e che sono consapevoli delle difficili
situazioni che si possono potenzialmente creare. Facendo uso delle
informazioni contenute in questo libro, essi potranno essere d’aiuto con
la soddisfazione finale di avere contribuito, forse anche in modo
significativo, al successo della azienda familiare e al benessere della
famiglia stessa. Tra i vari strumenti, in primo luogo, vi è il Trust, un
istituto tipicamente anglosassone che viene applicato ultimamente anche
in Italia per tutelare i patrimoni familiari. Inoltre viene presentato
un excursus irrinunciabile sull’utilizzo dei capitali familiari anche
alla luce delle norme sull’antiriciclaggio.
PREFAZIONE:
Per ogni problema complesso, c’è sempre
una soluzione semplice. Che è sbagliata.
(George Bernard Shaw)
Questo libro nasce dall’osservazione di
quanto sia complesso portare serenità e benessere all’interno di una
famiglia quando nascono problemi riguardo la propria azienda e quando ci
si preoccupa del futuro ereditario dei popri membri. In anni e anni di
consulenza a imprenditori e gruppi aziendali mi è apparso evidente
quanto il capitale familiare sia soprattutto un peso, intorno al quale
si distruggono molte vite, si alternano equilibri emotivi e affettivi.
La ricchezza e l’abbondanza dovrebbero facilitare la vita di chi li
possiede: almeno questa è la credenza comune. Ma, come tutti i privilegi
che allontanano gli esseri umani dai loro simili meno privilegiati, il
patrimonio familiare ha anche una valenza separativa, conflittuale,
deleteria.
Sempre? Molto spesso. Ovvero: sempre, se
anziché usare le condizioni in cui nasciamo, ci lasciamo sopraffare da
esse. Se anziché mettere amore e spazio di accettazione e integrazione,
escludiamo e causiamo dolore a chi ci circonda. Se anziché volgere al
futuro lo sguardo, restiamo prigionieri di antiche dinamiche che
dovrebbero essere ormai sepolte.
La familia, come emerge da più studi e
fonti, è una sorta di gabbia entro cui veniamo forgiati e il cui peso si
riversa sule nostrescelte. Può essere una gabbia dorata oppure
disadorna, ma è pur sempre un contenitore, che tende a limitare la
nostra libertà di pensiero. Cresciamo dentro a un’educazione, una
cultura e una ipnosi così forti, che svegliarci da questa condizione è
per alcuni, praticamente impossibile. E allora vediamo figli che
dedicano la loro vita a distruggere le ricchezze familiari, per
vendicarsi, consciamente o inconsciamente, di genitori che giudicano
inadeguati; padri o madri che diseredano i loro figli per farla pagare
ai precedenti coniugi; assistiamo a guerre annose e infinite fra eredi
che non si parlano e si buttano addosso colpe irrazionali e forse mai
esistite. La famiglia è anche tutto questo e la storia, a volte
decisamente drammatica e tragica, di aziende di successo passate da una
generazione all’altra, e infine mandate in rovina, lo documenta in
maniera eloquente.
Si dirà che esistono però anche famiglie
accoglienti, nelle quali si sopravvive grazie all’amore incondizionato
dei genitori o dei nonni; si dirà che l’amore è sempre un bel valore
anche se a volte si manifesta in maniera unilaterale; si dirà…
Non voglio qui discutere il valore della
famiglia. Voglio semplicemente porre l’attenzione sul fatto che troppo
spesso pensiamo alla famiglia e al matrimonio, uno dei pilastri fondanti
ancora oggi della nostra società occidentale, come a istituzioni basate
essenzialmente sull’amore. Le ragioni, troppo spesso, sono altre e
anche l’amore ha tante altre forme per manifestarsi. Dal punto di vista
antropologico, la famiglia e il matrimonio sono fondamentalmente una
strategia di sopravvivenza sociale, che nasce proprio per questo motivo e
che si è strutturata nel tempo per proteggere i suoi membri dagli
attacchi esterni. Anche il mito della coppia monogamica, che fa figli e
crea la propria famiglia, dall’Adamo ed Eva della Genesi in poi, risale a
codici antichi, a ragioni fondamentalmente utilitaristiche. Come il
codice del Dharma-Shastra, ovvero una delle più antiche leggi hinduiste
sulla fondazione, scopo e regolamentazione della famiglia, elaborato nel
IV secolo a.C. All’epoca, la popolazione dell’India era a rischio a
causa di una malattia trasmessa per via sessuale e promiscuità aveva
messo in serio pericolo la possibilità di riprodursi in maniera sana.
Così, le autorità del tempo decisero di stilare delle regole ferree che
garantissero il mantenimento di ordine e salute. Nacque in quel momento
l’obbligo alla fedeltà come misura di igiene sanitaria e un’idea di
famiglia come difesa sociale della discendenza. La stretta osservanza
del codice di Vishnu avrebbe consentito la riproduzione e la
sopravvivenza.
In epoca più recente, in particolare
nella cultura vittoriana dell’ottocento ( dalla quale non ci siamo
ancora affrancati del tutto), nacque l’istituzione della famiglia
borghese: un’affermazione di prestigio sociale e di classe centrata
sull’accumulazione del capitale e la difesa del patrimonio, all’interno
della quale, invece dell’intimità e della spontaneità dei sentimenti,
dominano spesso i ruoli legati al potere e all’ipocrisia.
Non ci si sposa solo per amore, né si
“mette su famiglia” solo per amore. L’amore ha innumerevoli altre forme
di manifestazione e, anzi, proprio nei restretti dettami delle norme
familiari esso rischia spesso di svanire, si perde, si trasforma troppo
spesso in intolleranza e odio. Per questo è importante uscire dal
malinteso che la famiglia e il matrimonio siano sinonimi di amore e di
devozione. Se non si esce da questo astratto idealismo, non soltanto le
separazioni e i divorzi continueranno a nutrire miti che nulla hanno a
che vedere con la realtà della famiglia.
Le aziende di famiglia sono una delle
forme specifiche di struttura socio-economica che dalla sfera privata
entrano nell’arena più vasta del mondo del lavoro e dell’economia. Quasi
tutte nascono dall iniziativa e dall’energia di un capofamiglia che ha
avuto anche il coraggio di una visione e di una leadership
imprenditoriale. Fin dalla loo nascita, ma soprattutto col trascorrere
del tempo e delle generazioni, questo tipo di aziende devono tenere in
conto l’intensa presenza di dinamiche emozionali e personali al loro
interno, in un coacervo di irrazionalità e complessità interpersonale.
Se le persono leggono in termini di
amore, o mancanza di amore, ogni interazione nell’ambito dell’azienda di
famiglia, non si potrà giungere mai ad una sensata ricomposizione delle
diversità, dei conflitti, delle ferite. L’amore resta comunque
“un’altra cosa”, pertanto non può essere usato come ipotesi di lavoro
per promuovere una riconciliazione.
La famiglia ha una sua dimensione
affettiva, sociale ed economica. Nell’impresa di famiglia ( ma anche in
ogli matrimonio degno di tale nome) non si può ignorare, sottovalutare o
demonizzare l’aspetto economico, perché questo presuppone le condizioni
in cui sviluppare al meglio una convivenza equilibrata e serena. La
serenità è un atto di generosità nei confronti dell’altro e chi non è
capace di darne è soprattutto un grande egocentrico. Spesso nelle
aziende failiari ( e anche nelle famiglie cosiddette “disfunzionali”) è
proprio questa forma di inabilità alla vita serena, questo egocentrismo
malato e onnivoro, che causa la distruzione di un progetto di successo.
Lavorare con le famiglie e con le loro
aziende, significa aiutare i singoli membri a trovare una loro
dimensione di serenità e di equità anche al di fuori dei più scontati,
normali o conflittuali, rapporti interfamiliari. Questo può passare
anche dalla formalizzazione di altri aspetti giuridici, come per esempio
quelli proposti nei contributi sul Trust e nell’attenta disamina del
rispetto delle norme proposta nella parte dedicata all’antiriciclaggio.
L’intento di questo libro è proprio
questo: fornire spunti di riflessione e strumenti di riconciliazione ai
professionisti, o ai familiari stessi, coinvolti in dinamiche
conflittuali, dovute spesso a un’ambivalente e confusa visione di ciò
che l’impresa familiare dovrebbe rappresentare. Laddove una convivenza
basata sul rispetto di ruoli e volta alla tutela di interessi comuni non
dovesse essere possibile, è comunque consigliabile decidere in vita
cosa desideriamo avvenga nel momento in cui la lasceremo e come gestire
l’eredità dei beni ai nostri successori, affinché questi beni non
diventino divisivi e strumento di rivendicazini inutili e dannose per
coloro che amiamo. Perché sì, certo, l’amore è anche una responsabilità,
come il capitale che ci appartiene. Riuscire a trovare soluzini che
integrino armoniosamente tali responsabilità e trovino un loro
significato, al di là del ristretto personalismo che spesso
rappresentano, è, a mio parere, un buon modo per vivere serenamente e
donare serenità a chi verrà dopo di noi.
Anna Zanardi Cappon, PhD
AUTORI:
ANNA ZANARDI CAPPON è
psicologa, psicoterapeuta, executive coach e consulente
strategico-organizzativa. Ha una profonda conoscenza delle pratiche di
riconciliazione dei conflitti all’interno delle imprese familiari.
DENIS TORRI è
presidente Refidest e fiscalista di livello internazionale. Inoltre è
direttore di Fides Trust Company Roma e segretario generale I.C.A. Network.
SERGIO MARIA BATTAGLIA
ha una lunga esperienza nella consulenza legale in ambito bancario e
finanziario. È segretario generale di UNIMPRESA e vice presidente del
Centro Internazionale Studi Luigi Sturzo.
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